Jazzit.it – Il ritorno di Dac’Corda

Figura emblematica della chitarra jazz italiana, Claudio Lodati ha di recente pubblicato un album con il progetto Dac’Corda (“Boiler”, Splasc(h), 2016), attivo dal 1988: lo abbiamo intervistato per l’occasione.

Di Eugenio Mirti; fotografie di Leonardo Schiavone.

Dac’corda è un progetto ormai storico.
Questo ensemble nacque nel 1988 con un album edito dalla Splasc(h) che si titolava “Voci”, con una formazione con tre chitarre, contrabbasso e batteria; nel 1990 sempre per la Splasc(h) uscì “Chance” e nel 1991 ancora per la stessa etichetta “Corsari”, che vedeva ospiti Maria Pia De Vito alla voce e Antonello Salis alla fisarmonica.

Raccontaci la nuova line up.
La formazione è completamente rinnovata e vede Nicola Cattaneo alla chitarra, Giorgio Muresu al contrabbasso e Toni Boselli alla batteria;  nel disco ci sono sia brani nuovi sia brani classici del mio repertorio. Con questi musicisti c’è un’ottima simbiosi musicale e umana e questo è il motivo per cui li ho scelti, in particolare Nicola che è stato il primo con cui ho pensato di far rinascere il progetto.

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Due brani sono dedicati a David Bowie.
Esatto; quando abbiamo registrato Bowie era mancato da poco, e tra l’altro io avevo il suo ultimo disco, “Black Star”, molto bello. Per questo ci sono due tracce, David e White Star, a lui dedicate completamente improvvisate in studio.

Come definiresti il progetto Dac’corda?
Definire la musica è sempre difficile; è un sound basato su strumenti a corda, c’è jazz, rock, musica elettronica, in parte anche pop… io poi amo i brani con i tempi dispari, quindi ci sono tracce come Vulcano in 7/4 o  Corsari in 9/4, quindi compaiono anche elementi di prog. C’è un po’ di tutto e il mio sforzo è quello di fare una sintesi.

“Boiler” è il tuo trentatreesimo disco: dopo quarant’anni di attività come porti avanti la tua ricerca artistica?
Sono inguaribilmente curioso e continuo ad ascoltare di tutto; quando qualcosa mi stimola cerco di studiarla e farla diventare mia.

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Perché il titolo, “Boiler?
Vuole indicare una speranza: che la mia musica possa dare calore al cervello e al cuore di chi ascolta

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Quello di continuare a suonare e creare situazioni interessanti insieme a musicisti che abbiano, oltre a doti di creatività, una forte e indispensabile componente umana, senza la quale è molto difficile poter costruire; con il passare degli anni l’importanza che do alla ricerca di questo tipo di situazioni e relazioni diventa sempre maggiore.

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